UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA, ODE ALLA PIU’ FAMOSA DEBOLEZZA UMANA

Ci sono dei periodi nella nostra routine quotidiana che non sono sempre uguali. Se l’immagine stereotipata di ogni singolo individuo in questa frettolosa società 2.0 è quella di individui dinamici, perennemente connessi e in grado di fare più di una cosa alla volta, ciò che corrisponde alla realtà può essere ben diverso.

Può capitare, infatti, che in questi determinati periodi tutto ci sembri più grande e difficile rispetto al normale. Stress, un capo eccessivamente rompicoglioni a lavoro, dei colleghi che al posto della pausa caffè e di una sigaretta preferiscono prendersela con chi ha un carattere più mite. Ma a lungo andare, arriva quell’istante in cui una singola goccia può far traboccare il vaso e anche il più tranquillo dei caratteri esplode.

Ciò è magistralmente narrato nel film Un giorno di ordinaria follia, pellicola del 1993 diretta da Joel Schumacher. Il protagonista di questo film, diventato un cult degli ultimi anni, è William “Bill” Foster (interpretato da un Michael Douglas in stato di grazia), un ex marine decorato.

La sua vita personale sta andando in frantumi in quanto sua moglie Elizabeth ha deciso di lasciarlo, temendo che sarebbe diventato violento nei suoi confronti e di quelli della loro figlioletta Adele. Ad aumentare il suo senso di insoddisfazione nei confronti della vita e ad acuire la sua idiosincrasia nei confronti del prossimo si aggiunge anche il fatto di aver perso il suo impiego presso una società che costruisce missili per conto del ministero della difesa, in quanto considerato ormai “obsoleto”.

Quella parola riecheggia come un mantra nella psiche ormai a pezzi di Foster, il quale inizia ad affrontare una giornata stufo di dover essere sempre costretto a subire i soprusi del prossimo nei suoi confronti. A tutta questa vicenda fa da contraltare il sergente di polizia Martin Prendergast, giunto proprio in quella giornata al suo ultimo giorno di lavoro e prossimo alla pensione, il quale si metterà ben presto sulle tracce di Foster e dai segni lasciati dalla sua giornata all’insegna della follia.

Ben presto lo spettatore viene proiettato all’interno di un “viaggio” all’interno della follia, dove il protagonista procede per tappe fino a raggiungere il punto di non ritorno che rappresenta l’apoteosi stessa di quella ribellione nei confronti di tutto e tutti.

Foster diventa quindi una sorta di “Spartaco” nei confronti delle ingiustizie quotidiane, decidendo di ribellarsi a questo stato di cose, iniziando una battaglia personale che lo porterà a scontrarsi in maniera cruda e diretta contro l’indifferenza, l’egoismo, il razzismo e la diseguaglianza sociale.

Il fatto che chiunque possa immedesimarsi nelle tematiche trattate da questo film e che potrebbe potenzialmente balzare all’onore delle cronache per una situazione analoga rende questo film fottutamente attuale nonché uno degli esempi più belli che Hollywood abbia potuto realizzare per farci capire che le favole sono ormai solo cazzate per turisti.

Hank Cignatta

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