ALL’OSPEDALE SACCO PIOVONO SOLDI MA TAGLIANO GLI STIPENDI

Ospedale Sacco di Milano. Ritorno al Nosocomio famoso in Europa per la cura delle malattie infettive, esattamente sei mesi dopo esserci stato la prima volta.
In quell’ occasione avevo trovato un ospedale ai limiti del collasso in Pronto Soccorso.
Stanze piene e malati tenuti in barella dentro le corsie, i codici rossi monitorati in un rapporto di 1 a 4 anziché in un rapporto di uno a uno.
Poi ancora le storie del personale paramedico esasperato da continue minacce portate da un ambiente locale difficile: Quarto Oggiaro zona complicata della città di Milano. Poco distante un campo nomadi.
L’effetto di questo combinato disposto, sono stati assalti al Pronto Soccorso, personale minacciato fisicamente, condizioni di assoluta insicurezza.
Questa volta torno il 10 Agosto e ad accompagnarmi nel racconto della condizioni attuali è un RSU Fials, piccolo agguerrito sindacato, tecnico radiologo che da anni lavora al Sacco di Milano.
Si chiama Davide Monterisi e con molta discrezione, pone alla mia attenzione alcuni temi.
Intanto mi dice che dopo i fatti accaduti, ovvero dopo una seconda visita che ho effettuato a Marzo con il vicepresidente della commissione Sanità della Regione Lombardia, Angelo Capelli, qualche provvedimento è stato assunto.
Il personale paramedico leggermente aumentato.
L’occasione della visita mi è data, invece, dalla notizia datami da un consigliere regionale di Forza Italia, che il Sacco vedrà nascere accanto a sé un altro ospedale, privato, dotato dei mezzi più all’avanguardia; motivo per cui la Regione starebbe pensando di finanziare una ristrutturazione del Sacco per oltre 200 milioni di Euro.
Al fine di tenere pubblico e privato, l’uno accanto all’altro, a parità di condizioni.
Di qui hanno inizio le riflessioni di Monterisi. “Ben vengano questi soldi”, ma il personale che manca servirebbe subito.
E poi “se ci sono 200 milioni com’è che hanno tagliato le buste paga del personale medico e paramedico per assumere 250 infermieri in più in Lombardia? Quando oltretutto ne servirebbero almeno tremila in tutta la Regione?”
Perché poi alla fine, per un paradosso forzato, alla fine a pagare sono sempre i lavoratori.
Con una mano gli si dice che si darà loro in futuro un ospedale più efficiente e con turni meno pesanti.
Mentre da subito gli si alleggerisce la busta paga e in alcune circostanze come quelle del Sacco li si obbliga a lavorare di più, essendo di meno il personale, rispetto per esempio ad un altro ospedale pubblico del capoluogo lombardo: il Fatebenefratelli. Nell’attesa dell’autonomia, che sembra sempre più simile “all’attesa della sua venuta” di stampo cristiano o “in attesa della rivoluzione che verrà”, di stampo marxista, a pagare restano sempre gli stessi.

Max Rigano

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