LA TRISTE STORIA DELLA FAMIGLIA ANGELILLO

Ci sono situazioni che hanno congenitamente una condizione d’ingiustizia sociale tanto più grave perché risolvibili con poco. E questa storia è una di quelle. Lisa Angelillo è madre di cinque figli: Angelico, Maria, Antonia, Michele e Domenico. Suo marito Giuseppe Angelillo è morto lo scorso novembre. Tutti insieme abitano in Via Palmieri a Milano in una casa popolare. Di quaranta metri quadri. In questa casa ci sono sei persone di cui i più grandi hanno già raggiunto e superato i due metri di altezza. Michele è 2.10, Domenico 2.03.
La casa è stata oltre tutto per molti anni il luogo in cui il papà di questi ragazzi, Giuseppe Angelillo che è scrittore e filosofo, ha tenuto migliaia di libri. Adesso Lisa li ha fatti togliere. Fisicamente i ragazzi non riescono a stare tutti insieme. Le due piccole stanze per  questi tre giganti e tre che si apprestano a diventarlo sono divenute incontenibili. Il bagno è impraticabile e manca del bidet e del riscaldamento. La cucina è un tugurio. Dalla morte di Giuseppe Lisa chiede sommessamente e con modi gentili di essere aiutata.
Ma non c’è niente da fare. Zitti in Comune, zitti in Regione. All’Aler c’è stata la promessa del Presidente Angelo Sala di aiutare questa famiglia “al più presto”. Incontrata il 3 Gennaio di quest’anno, dieci mesi dopo non si è avuta alcuna risposta. Spazzatura: questo è il modo con cui è trattata questa famiglia. E forse il paragone è incauto. Perché per la monnezza, procurando ingenti guadagni, si fa molto di più. Invece questa famiglia è dignitosa, rispettosa e silenziosa. Attende da anni una soluzione che ormai è diventata intergenerazionale. Non è ammissibile né più accettabile che, soprattutto nell’ora del “Prima gli italiani”, le istituzioni allegramente se ne fottano di chi è costretto a vivere così. Anche perché Lisa, che si dà un gran da fare, avrebbe trovato una soluzione. Una coppia di anziani affittuari di una casa Aler a Milano, che hanno un appartamento grande, chiedono di averne uno più piccolo. Basterebbe uno scambio, anche se la casa di Lisa dopo più di quindici anni è in condizioni igienico sanitarie precarie, come potrete vedere nelle immagini. Una vergogna che ci siano decine di politici che guadagnano migliaia di euro e non sentano il fuoco sacro di mettere a soqquadro la città, se necessario, pur di risolvere una situazione la cui soluzione è a portata di mano. Invece, permettetemi, un cazzo.
Non si fa un cazzo, per questa famiglia. Giuseppe Angelillo era un filosofo ed un poeta. Grande amico di Alda Merini. Quando lei, uscita dal manicomio, ancora faceva la fame e viveva sui navigli, Giuseppe andava per suo conto nei ristoranti di Milano per farsi dare un pasto caldo per lei. Si volevano un gran bene. Giuseppe ha amato i suoi figli più di qualunque altra cosa. Guardate i volti di Michele e Domenico quando parlo del loro papà. Guardatelo invece quando parlo della responsabilità morale e politica di una classe dirigente lombarda e milanese che questa realtà fa finta di non conoscerla. La conoscono, invece. Lisa e i suoi ragazzi sono stati su molti giornali, e di loro si è parlato anche in Tv in anni diversi. Ma non succede mai nulla. C’è sempre la burocrazia, di mezzo, le liste di attesa, le formule classiche del ” non si preoccupi aggiustiamo tutto”. E poi non succede nulla. Se questa generazione ha smesso di votare e di credere alla politica e ai giornali e alle tv compromesse con il potere, ebbene lo potete comprendere dalle parole e dai volti di Michele e Domenico. C’è un’intera classe dirigente, leghista piddina grillina di sinistra e di destra che se ne sta sbattendo.
È ora di dire basta. È ora che chi governa la città di Milano e la Regione Lombardia, se riconosce che un ponte si possa costruire in deroga, come accade a Genova, possa consentire di far avere in deroga subito, domattina, una casa a questa famiglia. Ce ne sono di libere, c’è anche quella di una coppia di anziani milanesi che si è resa disponibile a barattare la propria, troppo grande, con quella di Lisa. Guardate queste immagini: mi rivolgo a Beppe Sala, sindaco di Milano, ad Attilio Fontana, Governatore Lombardo ad Angelo Sala, Presidente Aler, a Stefano Bolognini Assessore alle politiche sociali della Regione Lombardia, e a Piefrancesco Majorino, Assessore al Welfare del Comune di Milano. Nessuno di voi permetterebbe a sua moglie, a sua figlia, suo figlio, o a sua madre, di farli vivere in queste condizioni disumane. Il tempo è scaduto. Adesso, subito, bisogna agire. Bisogna fare. Se avete un pò di dignità e di responsabilità politica, da domattina vi mettete in agenda che questo problema va risolto subito. Subito.
Max Rigano

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