ALLA FINE, DENTRO SIAMO TUTTI MOSTRI

La guerra del Vietnam è stata senza ombra di dubbio uno dei capitoli più tristi e sanguinosi della storia americana e della civiltà occidentale.  Questo conflitto, costato il sacrificio di un’intera generazione che non voleva nient’altro che vivere i propri anni migliori in completa spensieratezza, rappresenta una ferita ancora aperta per gli Stati Uniti.

La Settima Arte ha sfornato diversi film sull’argomento a partire dagli anni Sessanta fino a metà degli anni Novanta, andando a delineare punti di vista differenti in base alla personale visione di ogni singolo regista. Tra le pellicole che più hanno contribuito a dare un punto di vista interiore di questo conflitto vi è Full Metal Jacket, film del 1987 del regista americano Stanley Kubrick.

Come nello stile tipico del cineasta statunitense, questo film riesce a dare un connotato completamente diverso rispetto alle precedenti produzioni Hollywoodiane, pregno di quel disincantato pessimismo che rimane a distanza di anni una delle forme narrative più cupe e sincere sul Vietnam (secondo solo ad Apocalypse Now di Francis Ford Coppola).

Kubrick riesce a rappresentare con un registro comunicativo unico le tragedie derivanti dalla guerra, trasformando la macchina da presa in una macchina fotografica capace di imprimere ogni singolo dettaglio delle vicende narrate: dalla maniacale fotografia ( uno dei tratti distintivi della cinematografia del regista) alla complessa connotazione caratteriale dei vari personaggi, tra i quali spiccano in un cast di attori in grado di offrire una prova recitativa capace di resistere all’incedere del tempo: il soldato Leonard “palla di lardo” Lawrence e il sergente maggiore Hartman.

La trasformazione di Palla di Lardo da soldato goffo e poco incline alla vita militare in perfetta macchina da guerra che mette a repentaglio la sua sanità mentale e la sua stessa vita a causa delle continue vessazioni da parte del suo superiore sono la perfetta rappresentazione di due mondi agli antipodi e degli orrori della guerra.

Un capolavoro senza tempo su un tema assai delicato da affrontare, testimonianza dell’immensa poliedricità narrativa di Kubrick, capace di passare con maestria e successo attraverso diversi generi cinematografici entrati di diritto nella storia del cinema mondiale.

Hank Cignatta

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