NICK CAVE, UN VIAGGIO TRA AMORI PERDUTI, ANGOSCIA E REDENZIONE

C’è un uomo che come pochi altri ha saputo ridefinire la musica blues, gospel e country, quest’uomo è Nicholas Edward Cave. al secolo  Nick Cave, cantautore, compositore, scrittore, sceneggiatore e attore australiano.

C’è molto da dire di Nick Cave, una creatura che sembra uscita dai bassifondi della Parigi dello spleen o forse addirittura da un incubo di Lovecraft.
Quella fisionomia consumata dagli eccessi e dal dolore, quegli occhi tetri e profondi, quella persistente oscurità che lo avvolge.
Tutto concorre ad alimentare quell’allure da poeta maledetto che lo contraddistingue come un fil Rouge che dagli esordi nei primi anni 70 lo ha portato ad essere una delle più influenti icone della musica contemporanea.

Come spesso accade però la maschera che ci portiamo addosso rischia di schiacciarci, di annientarci, è Nick stesso a dichiararlo in una intervista: “Chiamatemi pure cupo e disperato, ma credetemi, faccio di tutto per uscire da questo mito”.
Un incubo più che un mito, uno di quelli brutti che non ti lasciano svegliare e che quando ci riesci ti ritrovi solo e sudato in mezzo ad un letto freddo e vuoto.
La morte del figlio, precipitato nel 2015 a 15 anni da una scogliera a Brighton, nel Regno Unito, dopo aver assunto LSD ne è la dimostrazione.
Una morte senza scopo e senza ideali, uno di quei colpi durissimi che la vita serba a chi ha la sensibilità e l’empatia per comprenderne ogni terrificante sfaccettatura, permeandosi dell’infinito dolore che l’universo sa’ donare ai suoi più audaci soldati.

La droga e Nick sono sempre stati buoni amici:”Sono sempre stato attratto dalle forze distruttive – dichiara -. A Melbourne, un fiume divide la città: da una parte l’università, i quartieri residenziali; dall’altra la zona dei drogati e delle prostitute. Io frequentavo la seconda”. A 19 anni, la prima esperienza con l’eroina: “Consumarla – ricorda – era come bere una tazza di tè al mattino, come sedersi in poltrona e tirare su i piedi: la sensazione di essere a casa. Sfortunatamente, smette di esserlo… Ora sono sotto controllo, anche se l’idea di ricominciare sopravvive nella parte più buia della mente”. 

Un’idea che come un tarlo deve averlo scavato negli anni successivi alla morte del figlio, anni in cui si è perso in un personalissimo abisso di dolore.
Pare tuttavia aver superato questa tragedia poiché in una lettera aperta ha dichiarato ai suoi fan: “Sofferenza e amore sono eternamente legati, il dolore è il terribile ricordo del nostro amore più profondo e, come l’amore, il dolore non è negoziabile, travolge i nostri minuscoli Io”.

“All’interno di quel vortice turbinante esistono tutti i tipi di pazzia: dai fantasmi, agli spiriti, alle visite oniriche, e tutto quello che noi, nella nostra angoscia, vogliamo che sia vero”.

“Sono doni preziosi che sono reali perché abbiamo bisogno che lo siano: sono gli spiriti guida che ci conducono fuori dall’oscurità”

La follia, la morte, la redenzione.
Questi i capisaldi della sua lirica, della sua poetica.
Come un indagatore dell’incubo ci guida spiritualmente nei meandri più sperduti e terrificanti della psiche e del sentimento per rivelarci l’impossibile ma tragicamente reale spirito umano.

Il suo esordio non fu facile ed egli stesso si prende tragicamente in giro dichiarando: “A scuola scrivevo poesie terribili. Poi ho imparato un paio di accordi al piano. Il risultato erano alcune delle peggiori canzoni del mondo”. Non è mai stato tenero con se stesso, Nick Cave. Come quando arrivò a dire: “Tecnicamente e liricamente, il mio lavoro è rimasto sempre incatenato alla medesima ciotola di vomito”.

Un vomito che però ha saputo far sognare milioni di fan in tutto il mondo.

Christian Longatti

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