LA SINDROME DI STENCOLMA. Fenomenologia del DIO SOCIAL SALVINI. 

Le reazioni, in particolare modo i commenti, al mio video diventato virale evidenziano una nuova sindrome e un fenomeno molto interessante.
Un misto tra la sindrome di Stendhal e quella di Stoccolma.

Ma andiamo per gradi. 

Iniziamo a valutare i minimi comuni denominatori che caratterizzano i migliaia di commenti al mio video in cui, fondamentalmente, ho chiesto cortesemente, al DIO SOCIAL SALVINI di prendere atto che siamo tutti in quarantena, tutti disperati e preoccupati e nessuno sente il bisogno di trovarsi sul divano con il problema di capire chi c’è veramente sullo schermo, della tv, o del device che abbiamo perennemente in mano. 

Un operatore sanitario?
Un francescano con il rosario di Medugorje in mano?
Un Pompiere?
Un Poliziotto?
Un astronauta?

Per poi accorgersi, con un sentimento misto di angoscia e stupore, che è Salvini che continua, senza soluzione di continuità, a proporci la propria immagine nella spasmodica ricerca, anche in piena emergenza sanitaria, della massima visibilità.
Pare evidente anzi, ancor più in questa situazione in cui l’unico protagonista su ogni media non è più moijto man, ma uno spietato virus. 

Quanto ci manca il papeete, chi l’avrebbe mai pensato.

Ma proprio tornando con la memoria al virus dell’estate passata, possiamo trovare gli elementi per dare una forma, descrivere, cercare di capire questa nuova sindrome. 

La sindrome di STENCOLMA. 

Torniamo ai commenti.
Sono stato accusato di ogni sorta di truffa a discapito di ogni dato di realtà.
Accusato di essere uno scrittore in cerca di pubblicità, (giammai cercare di veicolare cultura, e magari fosse così, sarebbe la fine del populismo si iniziasse a leggere di più…),un attore cretino, un dottore che dovrebbe imparare a star zitto e pensare ai malati (non c’è una parola in cui mai mi definisco scrittore o dottore, e qui c’è una prima avvisaglia di distorsione della realtà, vere e proprie allucinazioni), e comunque tutta una serie di illazioni in cui mi si accusa di essere come tutti i contrari al populismo accusano di essere Salvini (sciacallo, falso, travestito, ecc.) 

Ma, soprattutto mi si “consiglia” di star zitto… 

Invasati che non ascoltano, leggono, guardano, ma sentono, capiscono ciò che immaginano, vedono, senza mai passare alla messa in “on” dell’attenzione, per capire.
REAGISCONO in una difesa aprioristica del DIO SOCIAL. 

E su questo substrato di sottocultura si innestano i prodromi della sindrome.
Iniziamo dalla prima parte di questo innesto tra due patologie, non ufficialmente dichiarate, non essendoci traccia nel DSM (il più importante manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ma già espresse nella realtà come fenomeni importanti e studiati  in varie occasioni. 

Partiamo da quella di Stendhal.

Nota anche come “sindrome di Firenze“, dal momento che nella città italiana vi sono stati registrati più casi, si tratta di un’affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni quando coloro che ne sono affetti si trovano al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, specie se collocate in spazi limitati.
(come ben descritto sul sito  https://sciencecue.it/ sull’articolo  https://sciencecue.it/cose-la-sindrome-stendhal/12361/)
Naturalmente questa definizione va ricalibrata sulla realtà social, che ha ribaltato ogni forma di percezione sotto tutti i punti di vista, compresa l’idea dell’opera d’arte, del concetto di bellezza, rimanendo valida l’indicazione finale “soprattutto in spazi limitati”.
Che spazio può esserci più limitato dello schermo di un device che ha ribaltato la vita di ognuno di noi, togliendoci in meno di un decennio dalla fecondante relazione con l’Altro e dalla vitale relazione con la Realtà?
Stiamo parlando di una popolazione digitale che tradisce ormai la dipendenza da like, da selfie, una nomophobia che viene anche definita con un’altra patologia da perenne connessione.
Il FOMO: Fear of missing out, l’angoscia di essere tagliati fuori dal flusso Social.
Non riuscire più a far niente di giorno, dormire di notte, per non perdere neanche una notifica, incollati allo schermo.
E qui si inserisce il DIO SALVINI che fa anche concorsi social per vincere un incontro con Lui (pensa che culo. n.d.r.).
Per cui diventa un dogma l’impossibilità di mettere in discussione la sua immagine. Un’immagine che ha provocato, nella sua pervasiva presenza perennemente online, con post e selfie inviati a milioni di impotenti spettatori, tutte le caratteristiche appena descritte.
Una vera e propria AFFEZIONE PSICOSOMATICA, solo apparentemente reciproca.
La confusione identitaria, in questo caso, la fa da padrona.
Un costrutto virtuale, anche se in versione da social media marketer che provoca nelle “vittime” un’affascinazione dalla quale si traduce il proprio immaginario dal punto di vista valoriale, e della definizione del nemico.
Chiunque possa rovinare l’immagine consolatoria e rassicurante, in quanto sempre presente tra le nostre mani, è un nemico da aggredire nei social.
In preda a tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni, al cospetto di chiunque possa essere un elemento di pericolo della dipendenza dal DIO del selfie, del post, del trasformismo.
Un’opera d’arte mutevole, a seconda delle esigenze, Lui si trasforma per Noi.
Poche parole, forti emozioni, tutto ciò che è necessario per avere un rapporto di sicurezza esistenziale del proprio destino di cui non sappiamo nulla e che farcene, in questa perenne connessione, LVI sostituisce e risolve tutto ciò poiché ottiene più like e visualizzazioni di tutti.
Ed è proprio Freud che interpretando la fenomenologia dell’opera d’arte ci aiuta a dare un ulteriore contributo alla comprensione della nuova sindrome di STENCOLMA.
Freud, interessandosi all’interpretazione delle opere d’arte e alla creatività degli artisti afferma : molti concordarono sull’affermare che gli artisti, tramite le loro opere, comunicano conflitti infantili profondi, fantasie edipiche represse che manifestano sotto forma di espressione artistica.
Naturalmente c’è un incontro fatale tra l’immagine che rapisce e lo spettatore “vittima” del messaggio simbolico e subliminale inviato, ad “arte” appunto.
Nella dinamica digitale tutto ciò viene ad assumere una intensità costante e immensamente più potente che l’incontro con un quadro in un museo in quanto abbiamo tutto ciò sul palmo della mano.
Un esperienza assolutamente “perturbante”.

Il “perturbante” inteso da Freud in un’esperienza conflittuale passata rimossa, molto significativa da un punto di vista emotivo che ritorna prepotentemente attiva nel momento in cui c’è l’incontro con “l’opera d’arte” e in particolar modo con il “Fatto  Scelto“, un particolare dell’”opera” in questione dove la persona concentra tutta la sua attenzione: il particolare richiama alla mente episodi personali vissuti e, quindi, conferisce all’opera quel particolare e personale significato emozionale responsabile  dello scatenamento della sintomatologia psichica.

Ed è a questo punto che Stendhal atterra Stoccolma.
Perché se la sindrome di Stoccolma è un caso eclatante di Legame Traumatico, nella dinamica online del fenomeno, e come se l’immagine traumatizzante ci seguisse anche usciti dal museo, ovunque e ogni volta che apriamo una piattaforma social, Facebook, Instagram o Twitter che sia. 

Riducendo l’utente digitale in un vero e proprio OSTAGGIO inconsapevole. (tanto è tutto gratis, si risponde alla sensazione di essere diventati un burattino senza fili, senza riuscire a vedere l’altra parte della medaglia, in quanto se è gratis è inevitable che il prodotto altro non è che il nostro account, un prodotto da rubare o vendere al miglior offerente). 

Riprendiamo il percorso che porta Stendhal a Stoccolma. 

Come ben descritto sul sito my-personaltrainer.it: https://m.my-personaltrainer.it/salute-benessere/sindrome-stoccolma.html

Gli esperti descrivono la sindrome di Stoccolma come un esempio di legame traumatico; per definizione, i legami traumatici sono i legami fra due persone, in cui una di queste gode di una posizione di potere nei confronti dell’altra, la quale diviene vittima di atteggiamenti aggressivi e di altri tipi di violenza.

Una perfetta descrizione del rapporto sproporzionato che si viene a creare con il DIO DEL SELFIE, DEL POST, DEL TWEET, della profilazione selettiva dell’utente da “affascinare”.
Ostaggi dell’aggressione subita, nostro malgrado, e pian piano si inizia ad abituarsi alla violenza, sopratutto di quella non ancora subita ma immaginata, e  impercettibilmente, ma come una goccia che scava la pietra, perdiamo la capacità di discriminare la realtà dalla fantasia.
Una contaminazione degli elementi tipici della sindrome di Stendhal e delle caratteristiche proprie della dinamica verificatasi per la prima volta in Svezia il 23 Agosto del 1973.
In quel giorno, circa alle 10:15 della mattina, due rapinatori entrarono in una banca di Stoccolma e presero in ostaggio quattro impiegati per ben 5 giorni.
Furono giornate  molto intense, in cui, mentre la polizia trattava il rilascio dei prigionieri, tra quest’ultimi e i due sequestratori nasceva un rapporto di affetto reciproco e la volontà di proteggersi gli uni con gli altri.
Il sentimento di affetto reciproco divenne così importante che, alla conclusione dell’intera vicenda (risoltasi con l’arresto e la carcerazione dei rapinatori), gli impiegati si recarono più volte in prigione a far visita ai sequestratori; accadde, addirittura, che una di questi divorziò dal marito e si sposò con uno dei due rapinatori.
Se andiamo ad analizzare le dinamiche di questa sindrome e inevitabile notare che ricalcano esattamente ciò che è stato espresso nelle reazioni al mio video.
I commenti hanno evidenziato che, come in tutti i casi di sindrome di Stoccolma, ricorrevano 4 situazioni, che sono:
Sviluppo, da parte dell’ostaggio, di sentimenti positivi nei confronti del sequestratore;
Nessuna precedente relazione tra ostaggio e rapitore;
Sviluppo, da parte dell’ostaggio, di sentimenti negativi nei confronti delle autorità governative preposte al salvataggio.
Fiducia dell’ostaggio nell’umanità di chi lo sequestra.
Queste sono le caratteristiche proprie della sindrome di STENCOLMA.
Affascinazione, affezione psicosomatica, confusione, allucinazioni, riduzione ad ostaggi, sviluppo di sentimenti positivi, negazione della realtà, difesa ad oltranza, cieca fiducia nella buona fede del sequestratore, sentimenti negativi verso tutti coloro che criticano il Persecutore.
E il gioco è fatto.
In tutto questo, e nei miei confronti, è assente, comprensibilmente, una prospettiva.
Quella del rispetto nella libertà dell’opinione altrui.

POPULISTI DI TUTTO IL MONDO, RIBELLATEVI, NON AVRETE ALTRO DA PERDERE CHE LE VOSTRE CATENE (SOCIAL). 

Giovanni Tommasini 

P. S. :

Per tutti coloro che mi consigliano di star zitto, mi insultano, e denigrano, dandomi del falso, sciacallo, ecc. ecc…

Consiglio una lettura.

La costituzione italiana.

In particolare:

Articolo 21

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Un pensiero riguardo “LA SINDROME DI STENCOLMA. Fenomenologia del DIO SOCIAL SALVINI. 

  • 30 Marzo 2020 in 2:29 pm
    Permalink

    Fantastico articolo del sig. TOMMASINI, dove spiega esplicitamente ciò da cui probabilmente è affetto il leghista convinto. Purtroppo il salvini è suoi adepti nn si rendono conto di tutto ciò. Pietosa la scena in TV con il rosario in mano e la preghiera, appoggiato da una sottospecie di giornalista o nn so come definirla, che per fare odience specula sulle disgrazie altrui. BRAVO TOMMASINI, CONDIVIDO OGNI SUA PAROLA, GRAZIE di darci voce.

    Risposta

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