QUENTIN TARANTINO, IL NOME DI UNA RIVOLUZIONE PULP
Genio, pazzo, precursore dei suoi tempi, sadico, fuori di testa, ladro di idee. Qualsiasi sia l’aggettivo che la gente usi per definire Quentin Tarantino è innegabile il fondamentale impulso che il regista ha dato al cinema degli ultimi vent’anni. La sua visione della Settima Arte ha permesso di portare il cosiddetto pulp verso una nuova frontiera, sdoganando ciò che prima era considerato uno spettacolo destinato ad individui privi di qualsivoglia gusto cinematografico, lontani anni luce dal cinema d’autore.
Il successo di Quentin Jerome Tarantino, sangue italiano nelle vene, arriva da lontano. Giunge dalla parte più pura del suo amore nei confronti del cinema, che lo ha portato in gioventù a lavorare prima come maschera presso un cinema a luci rosse a Torrance in California e poi come dipendente presso il negozio di videonoleggio Manhattan Beach Video Archives.
Questo suo ultimo impiego gli ha permesso di ampliare e rendere maniacale la sua cultura cinematografica, talvolta riuscendo a conoscere film di cui gli stessi registi non ricordano di aver girato ( ironicamente parlando, s’intende). Una spiccata propensione verso i B Movies italiani di genere poliziesco e western modella il suo modo di stare dietro la macchina da presa, nonché di poter essere autore di alcuni dei dialoghi più accurati, paranoici ed iconici del cinema di massa degli ultimi vent’anni.
Dopo il successo de Le Iene ( prima che questo titolo venisse tristemente accostato alla trasmissione che sia che con il film di Tarantino che con il giornalismo hanno nulla a che fare), Pulp Fiction e Kill Bill il nome del regista di Knoxville diventa sinonimo di un qualcosa di devastante in grado di prendere forma nella sua concezione più assoluta sullo schermo. Tarantino diventa sinonimo di quella violenza impiegata al servizio della narrazione, dove l’estremizzazione diventa quasi una sorta di grottesca caricatura della realtà che il più delle volte risulta decisamente più nauseante di qualsiasi finzione.
Senza l’avvento di Tarantino non ci sarebbe stato il moderno sdoganamento della violenza grafica che non è fine a sé stessa. I dialoghi dei suoi film tendono sempre a focalizzare l’attenzione dello spettatore su una situazione dalla quale difficilmente si torna indietro o che non può avere un esito diverso da quello che, grazie allo stile tarantiniano, siamo stati abituati a conoscere (e ad apprezzare).
Quentin Tarantino diventa quindi il portavoce di quel sentimento che porta la maggior parte di noi a voler vedere come La Sposa di Kill Bill taglia di netto la testa di un suo nemico ma che si mette una mano davanti agli occhi perché facilmente impressionabile. Abbiamo bisogno di una voce sincera che ci faccia tornare ad apprezzare la complessità di un dialogo o la genialità di una scena che vale da sola il prezzo del biglietto. Di effetti speciali digitali ne abbiamo pieni i film e, purtroppo, pare che senza non siamo più in grado di emozionarci.
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