L’HOMME QUI RIT (L’uomo che ride) Victor Hugo – 1869 – RIASSUNTO E LINK

Questo romanzo secondo Garzanti è stato scritto con una tecnica compositiva basata su uno dei più collaudati espedienti narrativi: l’agnizione, ossia la rivelazione finale della vera identità di un personaggio.
Ma Hugo ne fa qui un uso spregiudicato, dissolvendola nel momento stesso in cui la realizza.
Il protagonista, infatti, non può strapparsi la “maschera” dal volto: essa è il suo volto, prefigurazione di uno smarrimento dietro il quale si nasconde l’inconsapevole disgregazione interiore.
Per i suoi chiaroscuri gotici, l’atmosfera onirica, per l’incisività dei suoi personaggi, squadrati in antitesi irrisolte, per la potenza della storia, in cui gli istinti primigeni e brutali convivono fianco a fianco con una tenera, luminosa umanità, “L’uomo che ride” suscitò disagio e sconcerto al suo apparire ed è tutt’ora un romanzo molto discusso.

LA TRAMA:

La notte del 29 gennaio 1690 un gruppo di uomini abbandona, salpando in tutta fretta, un bambino di dieci anni sulla costa inglese, nei pressi di Portland. Malgrado la burrasca in corso, la nave fa ugualmente rotta verso il mare, ma affonda poco dopo, e gli uomini a bordo, consapevoli della loro sorte, decidono prima di morire di affidare ad un messaggio contenuto in una bottiglia il segreto di cui sono portatori.

Intanto il bambino, disperato, affamato e a piedi nudi, vaga nella tempesta cercando di raggiungere un filo di fumo intravisto solo per un attimo. Durante la sua disperata marcia si imbatte prima in una forca, dove trova il cadavere di un impiccato e, più in là, scopre sotto la neve una donna morta di freddo, che tiene in grembo una neonata ancora viva. Il bambino si spoglia del suo camiciotto per scaldare la piccola, e la prende con sé.

Raccolta la bimba, attraversa prima un villaggio, dove nessuno risponde alle sue richieste di aiuto, ed infine giunge alla carovana di Ursus. Questi, che accoglie e nutre i due piccoli, è un vagabondo un po’ filosofo, un po’ poeta e un po’ medico che vive con il suo unico compagno, il lupo addomesticato Homo, in una piccola baracca su ruote, con la quale gira la Gran Bretagna. È proprio dalle parole di Ursus che il lettore viene a conoscenza di una non specificata deformità del bambino e della cecità della neonata.

A questo punto l’azione si sposta avanti di 15 anni. Il bambino trovato in una notte di tempesta è ora diventato un uomo di quasi 25 anni il cui nome è Gwynplaine. La deformità appena accennata da Ursus si rivela essere una terribile deformazione del viso a dare quella che sembra una perenne risata. La trovatella cieca, chiamata Dea dal padre adottivo dei due, ha ora sedici anni. I tre vivono di piccoli spettacoli che rappresentano nei vari villaggi attraversati nel loro vagabondare. Durante una di queste rappresentazioni teatrali a Londra, la duchessa Josiane, viziosa sorellastra della regina Anna, si innamora di Gwynplaine.

Una mattina la vita del piccolo gruppo viene però sconvolta. L’arrivo del “wapentake”, importante funzionario di giustizia, che conduce Gwynpaine in una prigione, getta nello sconforto Ursus e Dea. In realtà il giovane viene portato in presenza di un torturato a morte, di nome Hardquanonne, che riconosce in lui il bambino che 23 anni prima aveva sfregiato permanentemente. Subito dopo viene letta a Gwynplaine una pergamena, la stessa scritta dagli uomini che lo avevano abbandonato, in cui viene rivelato che è figlio legittimo di Lord Linnaeus Clancharlie, pari d’Inghilterra.

Quest’ultimo, rimasto fedele al giuramento fatto alla repubblica instaurata da Oliver Cromwell, si era volontariamente esiliato in Svizzera e qui era morto nel 1682. Subito dopo l’allora re Giacomo II ne aveva fatto rapire l’unico figlio legittimo, Fermain, e lo aveva venduto ad una banda di comprachicos, con l’ordine di renderlo irriconoscibile. Venuto a conoscenza di ciò, Gwynplaine riacquista il titolo nobiliare, diventando così Lord Fermain Clancharlie e, inoltre, promesso sposo della duchessa Josiane. Il giorno successivo viene condotto alla camera dei lord per l’investitura ufficiale, ma, dopo aver preso la parola e aver attaccato l’aristocrazia per la sua indifferenza nei confronti del popolo sofferente, viene deriso e insultato da tutta l’assemblea.

In preda ad una cupa disperazione e sentendosi completamente estraneo al mondo della nobiltà decide così di tornare da Ursus e da Dea senza sapere che i due, con Homo, sono stati cacciati dall’Inghilterra e stanno per salpare verso il continente. Non trovandoli dove li aveva lasciati il giovane vaga per le vie di Londra fino a quando, guidato dal lupo, incontrato casualmente, li raggiunge su una nave in partenza. Qui può riabbracciare i suoi compagni e unici amici, ma Dea, già molto debole, spira poco dopo. Gwynplaine però decide di ricongiungersi subito all’amata e di non separarsene più, lasciandosi annegare nelle acque della Manica.

LA FRASE DA RICORDARE:

«La notte era fitta e sorda, l’acqua era profonda. S’inabissò. Scomparve con una cupa calma. Nessuno vide né udì nulla. La nave continuò a navigare e il fiume a scorrere[2]»

OPERE A LUI ISPIRATE:

Christian Longatti

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