SEI IGNORANTE E QUINDI TACI

Fintanto che la nevrosi di massa dilaga e il coronavirus distribuisce lauree “honoris causa” a tutti gli assidui frequentatori dei social network, mai come in questo periodo si nota un crescente interesse per la medicina e il suo linguaggio affascinante, quanto complesso e decisamente mal utilizzato, il cosiddetto “gergo tecnico”. Ma è davvero di gergo ciò di cui si sta parlando? 

In linguistica, la disciplina che studia il linguaggio, le lingue e le sue caratteristiche intrinseche, elabora una distinzione tra dialetto, gergo e linguaggio settoriale. 

Si definisce dialetto una lingua a tutti gli effetti, avente ubicazione geografica precisa, che nel corso del tempo ha perduto prestigio sociale e culturale e viene usata dai parlanti solo in ambito informale. Parlare pertanto di “Italiano e dialetti” non è propriamente corretto, dal momento che il nostro stesso idioma altro non è che un dialetto, il toscano, elevato a ruolo di lingua nazionale. “Ti xe un mona” direbbe un veneto “Ch’it ses fòl!” direbbe un piemontese. Ed avrebbero entrambi ragione, soprattutto oggi …

Si definisce linguaggio settoriale o lingua speciale una varietà linguistica circoscritta a un settore disciplinare specifico, caratterizzato da un lessico preciso e tecnico, che definisce e descrive in maniera non ambigua i fenomeni e i processi di cui una materia si costituisce. Un esempio è il linguaggio scientifico propriamente detto o anche quello medico e informatico. Buona parte del lessico settoriale si costruisce su base etimologica e adotta buona parte del lessico dal greco, dal latino e dall’inglese, che a sua volta viene acquisito in forma integrale o adattato alla lingua di arrivo (in questo caso, l’italiano). Mai dire di questi tempi di avere un’affezione per qualcosa di importante, rischiate la quarantena prolungata. Inoltre, mai accusare nessuno, nemmeno i dolori, che oggi ce ne sono fin troppi!

Si definisce gergo un codice linguistico costruito collettivamente prima, singolarmente poi, sulle fondamenta della lingua nazionale e avente come peculiarità lo stravolgimento dei significati attribuiti alle parole comuni attraverso giochi di inversioni di lettere, accrescitivi, spregiativi, enfasi sulle caratteristiche dell’oggetto e/o sull’onomatopea, costruzione su base etimologica e/o su prestiti di altre lingue. Alcuni studiosi impegnati nella ricerca sul gergo affermano che l’uomo è per natura anarchico e asociale, soffre la proibizione e l’obbligo e, per questi motivi,  il gergo diviene un atto liberatorio per sfuggire alla convenzionalità; è una creazione che ha l’obiettivo di rendere segreto ciò che è noto alla collettività. Il gergo, infatti, è circoscritto a determinate categorie sociali come sette, artigiani e malavitosi. Il forte interesse per il gergo nasce dalla necessità di scoprire sempre di più l’origine delle lingue e i suoi meccanismi. Nel corso della storia, il gergo più studiato è stato quello di stampo mafioso, decriptato (ma non del tutto) dalle forze dell’ordine, sulla cui falsariga si svilupperanno i gerghi di mestiere. Occhio se sentite “Bola del Biss”, si sta parlando di Milano: il termina “bola”, in gergo, indica lo stemma o la città; mentre “biss” indica la biscia, simbolo dell’omonima città. Se sentite la parola “scabio” non c’è nulla di cui preoccuparsi: si sta parlando semplicemente del vino. Questo perché, secoli addietro, si riteneva che la bevanda provocasse alcune reazioni cutanee simili alla scabbia.

Della nostra meravigliosa lingua spesso ne si dimentica del valore e del prestigio. La redazione de “L’Ingrato” consiglia la somministrazione di libri di grammatica e avviamento alla comprensione testuale prima di immettere in rete informazioni che possano danneggiare gravemente il popolo tutto. Usate la rete per scopi nobili e in maniera responsabile. Studiare l’italiano è un ottimo vaccino per tante malattie. Per quanto riguarda il coronavirus, si rifletta su un’affermazione di uno scrittore, Fabio Privitera, fisico e dottore in psicologia, da lui pubblicata sui social qualche giorno fa: 

“Vorrei spendere due parole sul coronavirus. Niente, ho già detto troppo, per numero di parole e per competenza”. 

Roberta Bagnulo 

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