L’ULTIMA RAPPRESENTAZIONE DELL’ARTE: LA MORTE DELL’UOMO

Parlando del ciclo della storia e dei suoi periodi di declino, il lungimirante Emil Cioran medita in Squartamento affermando quanto segue:

“Il ruolo dei periodi di declino è di mettere a nudo una civiltà, di smascherarla, di spogliarla delle sue seduzioni e dell’arroganza legata alle sue realizzazioni”

Covid-19 ha denudato interi Paesi evidenziandone debolezze strutturali ben più profonde di quel che sembrava, a partire dall’ambito sanitario, passando per quello economico fino ad arrivare a quello psicologico. In preda ad una corsa contro il tempo per la risoluzione del problema, che pare sia sempre più distante rispetto alle previsioni sperate, l’arte pare restare in silenzio. 

Stando a quanto affermano Corriere.it e Artribune.com, è emersa la necessità di un cambio drastico di mentalità e di adattamento anche per il mondo artistico: si parla di un nuovo modo di acquistare l’opera d’arte e di certificarla, di maggiore apertura dell’arte ad un pubblico medio attraverso lo streaming e ad iniziative atte ad attrarre il maggior numero di persone, perdendo progressivamente il carattere elitario di cui godeva fino a poco tempo fa. Insomma, un tentativo di sopravvivere alla “selezione”. 

In tutto ciò, non si tiene conto di un aspetto fondamentale: il focus è fermo al modo in cui è possibile trarre profitto dall’arte, dimenticando di continuare a produrre arte, cioè di lasciare una traccia, un dibattito, di ciò che ivi sta accadendo. Per produrre non si intende in questa sede “alla maniera capitalista”, ma di ricominciare a sentire una rappresentazione, personale o collettiva, che raccolga tutti in un momento di intimità. In ogni epoca ancor prima della scienza, l’arte così come la letteratura e la filosofia, sono stati punti di riferimento importanti per incanalare determinati disagi e problematiche, per dirla in parole povere, le humanae litterae ponevano il problema e la scienza tentava di risolverli. In quel lasso temporale, l’arte concretizzava la difficoltà: basti pensare alle rappresentazioni di Spadaro e Zanchi della peste del 1600, al dipinto “La Famiglia” di Egon Schiele, rappresentazione dell’influenza spagnola. Oggi, “L’amore ai tempi di Covid-19” realizzato da TvBoy a Milano.

Un altro dilemma emerso nell’arte contemporanea pare sia l’invalidità di creare: risulta evidente un costante copiare e riproporre sotto altre chiavi di lettura opere, temi e stili del passato. L’oggi pare davvero un’incognita: l’opera d’arte sta lasciando posto ai filtri di Instagram con sotto didascalie prive di senso, lasciando così una sola rappresentazione del mondo contemporaneo: l’illusione che tutto vada bene. Tutto ciò ha dell’incredibile, se si pensa che persino il Nulla ha creato arte. Questa volta pare ci sia qualcosa di più pericoloso e senza nome, ma i cui effetti risultano già noti: l’arte non riesce più a creare dibattito, né a far emergere un problema, né a comunicarlo. Eppure, il rifiuto della rappresentazione è pur sempre una rappresentazione, ma pare che L’Arte non abbia più voglia di parlare con nessuno. 

La morte in divenire di una delle Sette Belle Arti incarna la morte di un sistema che non ha funzionato prima, né funzionerà poi, e pare che nessuno finora si sia posto il problema. Si continua a ripetere di iniziare a ripensare la vita in seguito della pandemia, proponendo con arroganza modelli inadatti. Per ripensare la vita, occorre che la vita esista, che vi sia sostanza. Una società in cui si pensa a commentare sempre un grafico e mai un quadro, in cui non si pensa mai al come ci si sente, in cui in nome di un’arrogante pragmaticità viene risucchiato tutto ciò che è astratto, può solo partorire una società che va avanti per inerzia, dimenticandosi completamente di fornire nuove “spinte”. Una società capace di far morire L’arte nelle scuole prima, nella realtà poi, è una società fallita che prima di reinventarsi, dovrebbe senza termini ottimistici cominciare seriamente a capire cosa sia diventata e, più che reinventarsi, dovrebbe richiamare se stessa ad un ripristino. Se l’arte deciderà di lasciarsi morire, la sua morte sarà l’ultima profezia per l’uomo, e questa volta non sarà Dio a morire. 

Roberta Bagnulo 

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