A FURIA DI SOGNARE IL FUTURO, IL PRESENTE E’ DIVENTATO PASSATO.
L’immagine di Susan, rappresentazione del fenotipo di lavoratore da remoto dei prossimi venticinque anni pubblicata dalla piattaforma americana Directly Apply, ha destato preoccupazione sulla salubrità delle modalità di lavoro del futuro. L’immagine sta spopolando in rete e tra i social network, destando discussioni su quanto un sistema impiegatizio di questa portata possa condurre a benefici tanto sbandierati guardando a investimenti di lungo periodo. Se è vero che oggi il mondo corre ad una velocità tale da permetterci di restare precariamente al suo passo, l’incremento della stessa, accostata alla quasi totale dematerializzazione di alcuni processi potrebbe condurre l’umanità a perdere il controllo di ciò che essa stessa sta creando.
Cosa accade, tuttavia, nell’hic et nunc? Cosa siamo oggi, esattamente?
Il tutto può essere riassunto in un’unica affermazione: Plus “smart”, minus “hominum”. L’antropologa Margaret Mead una volta affermò: “aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia”, ove per aiutare lei intendeva letteralmente “prendersi cura”. Esattamente, ad oggi siamo macchine efficienti, in grado di dematerializzare, velocizzare e rendere eccellente qualunque cosa, tranne i sentimenti e la civiltà, che stiamo via via dimenticando.
“Si stava meglio quando si stava peggio?” No, semplicemente erano altri tempi, con problemi ed esigenze non comparabili a quelle contemporanee.
Una cosa, però, si può supporre: nessuna generazione, si è e si sentirà tanto sola quanto la nostra, così tremendamente collegata con il mondo e l’universo, eppure, tremendamente abbandonata a se stessa.
L’uomo pare non abbia ancora compreso il senso dell’affermazione di Karl Jaspers “La scienza sa, ma non sa il senso del suo sapere”.
La società del futuro sarà sicuramente efficiente e avanzata, ma tremendamente fragile perché carente di un solido tessuto sociale, che si scollerà da quello economico e scientifico, che a loro volta muoveranno verso altre direzioni, verso l’assorbimento di ogni zona grigia. Ma questo, in realtà, si sta già verificando nel presente.
L’uomo dell’hic et nunc può essere civile, eppure efficiente; umano, eppure produttivo. Ma al fine di realizzare ciò, dovrebbe tornare a pensare come un essere umano per ontologia, e non più come una macchina, per processi esclusivamente conoscibili. Le zone grigie potrebbero cambiare il mondo.
Come mai qualcuno nutre ancora tanto stupore per qualcosa che anch’esso contribuisce a costruire?
Roberta Bagnulo