SE A SANREMO A PERDERE E’ LA MUSICA (QUELLA VERA)

Il festival di Sanremo è una delle manifestazioni più importanti del panorama musicale italiano, se non la kermesse per eccellenza. Fin dalla sua prima edizione del 1951 è stata, nel corso degli anni, la rappresentazione più lampante dello spaccato dell’italianità nel mondo. Tanto si è detto e scritto sull’edizione che si è appena conclusa, giunta quest’anno al suo sessantottesimo anno di vita. Un traguardo importante, che mostra tutte le rughe e le crepe di un appuntamento che con gli anni ha perso di gran lunga il prestigio che aveva in passato. Le cause sono tante e diverse tra loro, ma hanno lo stesso massimo comune denominatore: la mancanza di idee. Cosa succede quindi in tempi in cui i talent show hanno rubato il ruolo catalizzatore che in passato aspettava di diritto al Festival della Canzone Italiana? Si cerca di tappare i buchi. Ma per quanto asfalto nuovo si possa mettere dentro le buche di una strada usurata dal traffico quotidiano, le buche continuano a rimanere tali. Il mantra fa’ la cosa giusta ( da non confondersi con il film di Spike Lee del 1989) continua a riecheggiare nel salone del Teatro Ariston di Sanremo, giungendo in ogni televisione italiana. Non c’è quindi molto da stupirsi se la canzone Non mi avete fatto niente dell’improbabile coppia Meta-Moro viene prima accusata di plagio. Tutto viene perdonato e lavato nell’acquasantiera del perbenismo poiché è un brano contro il terrorismo e diventa così la canzone trionfatrice dell’edizione di quest’anno. La mania del plagio che serpeggia all’Ariston si è impossessata anche di Annalisa, giunta terza con  Il mondo prima di te. La canzone, sapientemente camuffata, è terribilmente simile a Frog On My Toe di Tori Amos del 1996. Ascoltare per credere. Per non parlare del monologo dell’attore Pierfrancesco Favino. Senza ombra di dubbio una grande prova d’attore ma che tale deve restare. Eppure ogni tanto mi scordo di essere in Italia, dove la dietrologia è arte. Ogni volta che i riflettori si spengono sul festival di Sanremo la sensazione è quella di essere stati intontiti da una serie di immagini e suoni che difficilmente rimarranno impressi. Ricordate chi ha vinto la kermesse di due o tre anni fa? Se cercate di scavare nelle pieghe più remote dei vostri ricordi è perché il problema, a distanza di anni, continua ad essere lo stesso. Canzoni composte da testi imbarazzanti, arrangiate con melodie che lasciano il tempo che trovano e fortemente caldeggiate da etichette discografiche e network televisivi. E l’unica e giusta colonna sonora a tutto ciò è il rumore dello sciacquone, che manda tutto dove dovrebbe realmente andare. Perché Sanremo è Sanremo.

Hank Cignatta

 

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