SATIRA, COMICITA’ E GOSSIP MEDIEVALI: LE CANTIGAS DE ESCARNIO E MALDIZER.

Tra le più antiche arti ad oggi conosciute, la satira occupa un posto di rilievo: dall’Ellenismo fino ai nostri giorni, ha sovente mutato la sua forma, ma non la sua sostanza. Usata spesso per scopi politici e sociali, la satira beffeggia e critica il buoncostume e i protagonisti di un’epoca, mette in luce le contraddizioni e le falle di un sistema, promuove e incita al cambiamento. 

Durante il periodo scolare, la storia e la letteratura sono state studiate nozionisticamente, senza risvolto pratico alcuno e per questo non troppo colmo di approfondimenti. Spesso si dimentica che entrambe le discipline sono il frutto di azioni e relazioni tra persone. Il suddetto motivo è sufficiente per rivalutare l’approccio allo studio delle materie umanistiche, che permetterebbe di cogliere salienti spunti di riflessione e, perché no, anche momenti ludici. 

Quando a scuola si studiava il Medioevo, qualcuno si è mai chiesto in che modo le persone spettegolassero l’uno contro l’altro o come si prendessero in giro? Proviamo a raccontarne una.

Secolo XIII, Basso Medioevo, Regno di Portogallo: la vita di corte prosegue indisturbata tra banchetti e cene; giunge d’improvviso un giullare ad intrattenere con sollazzevoli canzoni e, ad un certo punto, si nota che questi inizia a rimeggiare un pettegolezzo o una calunnia che scandalizza i presenti, oltre al malcapitato soggetto preso di mira. La canzone prosegue, con metafore carnevalesche e anche qualche parolaccia, la curiosità si è destata. La performance è terminata: immediatamente un rumorio di fondo o risate a crepapelle. 

Protagoniste di questa scena, sono le cosiddette Cantigas di scherno e maldicenza. Potenti armi di satira e ironia, i due componimenti si differenziano per alcune caratteristiche.

La cantiga di scherno veniva intonata dal giullare per raccontare episodi discutibili su qualcuno, ma senza che costui venisse nominato. Il componimento si sviluppava attraverso linguaggi ambigui e burleschi, ironici, sottili e metaforici. La canzone creava tanta aspettativa nel pubblico, il quale iniziava a fare supposizioni su chi si stesse parlando. Un esempio pratico potrebbe essere, nel contesto di un amore non corrisposto di un uomo verso una donna, frasi come: “Ho fatto una preghiera, che ricevessi una donzella, non ho chiesto altri debiti, brutti debiti tielli (tienili) tu!”. 

La cantiga di maldicenza, invece, aveva un destinatario esplicito, che veniva beffeggiato davanti a tutta la corte con parole chiare, concrete e talvolta offensive e ad alto contenuto erotico. Aveva l’obiettivo di diffamare il soggetto a seguito di un episodio molto spiacevole, come la rivelazione di un tradimento, o un grave fatto avvenuto in guerra. Il risultato sperato era quello di suscitare vergogna. Un esempio pratico potrebbe essere il seguente: “Sua Altezza Madama Maria, attenzione a come prega assieme a Don Peppino, da Padre Nostro a Nostro Padre è un attimo!”

I componimenti suddetti hanno goduto di una stagione fiorente a cavallo degli anni 1189 e 1385 a cui presero parte persino i Re. In seguito, i pettegolezzi si svilupperanno in altra forma, fino ad arrivare alle modalità note ai giorni nostri. Certo è, che alla base di tutto questo, occorre saper essere artisti, oltre a saper prendere la vita con leggerezza, quella leggerezza di cui parlava Italo Calvino “che non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. 

Roberta Bagnulo 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »