INTERNO GIAPPONESE

Nel Giappone medievale la vita dei contadini dei villaggi ruotava intorno a grandi feudi. Le tasse non si pagavano in denaro, ma in giornate di lavoro gratuito e cedendo quote di prodotti. La ricchezza accumulata serviva a garantire il tenore di vita dei guerrieri (samurai) e dei feudatari che svolgevano incarichi come funzionari imperiali. La necessità di accaparrarsi una quota sempre più consistente delle ricchezze accumulate, porterà ripetutamente allo scontro tra feudatari e samurai. All’inizio del Seicento, con il prevalere dei primi, il Giappone si chiude in un isolamento volontario che durerà 250 anni e gioverà alla produzione artistica del paese, che troverà soluzioni autonome pressoché in ogni campo: dalla pittura al teatro, dalle arti minori alla musica. Durante questo periodo la nobiltà feudale risiederà nella capitale amministrativa, Edo (Tokio), dove alimenterà un ricchissimo mercato di oggetti di lusso provenienti dal lavoro di artigiani e commercianti. Questi ultimi, in breve tempo, diventano i nuovi ricchi impegnati a spendere il molto denaro a disposizione nei teatri e nei quartieri del piacere.

Per questo pubblico cittadino si sviluppa una pittura di fruizione esclusivamente popolare i cui soggetti preferiti sono il teatro e le cortigiane; le scene di vita quotidiana, i paesaggi del Tokaido (la via costiera tra Edo e Kyoto) e le Scene Primaverili (cioè le stampe dal più esplicito contenuto erotico). Quando a metà dell’Ottocento il Giappone si riapre al contatto con il mondo occidentale, la sua arte si diffonde in tutta Europa. Attraverso l’opera di precoci collezionisti e per la diffusione capillare delle preziose stampe, la “maniera giapponese” diventerà una vera e propria moda e influenzerà, più di quanto si pensi, la produzione figurativa occidentale. Tra i primi a subirne il fascino ci sono senz’altro gli impressionisti: le terrazze panoramiche e le donne conparasole di Manet; gli scogli imbiancati di spuma, il ponticello sullo stagno delle ninfee e i pioppi in controluce di Monet; le donne in vasca di Degas sono tutti prelievi diretti da opere di artisti giapponesi (da Utamaro ad Hiroshige a Hokusai). Evidentissimo anche il rapporto simbiotico tra Van Gogh ed il Giappone (uno su tutti il ritratto di Père Tanguy inserito in una vera e propria quadreria con stampe orientali) ed ancora l’angelo e Giacobbe che si azzuffano nella celebre tela di Gauguin sono una citazione diretta dei lottatori di Hokusai, la cui Grande Onda arriva ad influenzare finanche la linea sinuosa dell’Art Nouveau. C’è una maniera nuova di rappresentare il mondo e la realtà del quotidiano e questa maniera non prevede la tridimensionalità, non usa ombre per tornire, non vuole riprodurre la profondità degli spazi, ma ricorre invece alle composizioni asimmetriche, alle inquadrature dall’alto senza prospettiva, alle figure fluttuanti, alle campiture piatte di colore puro e brillante, alla visione dal basso e ravvicinata di fiori e piante.
É l’ukiyo-e, l’evanescente mondo fluttuante.

Teresa Scarpa

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